Carmen Maura

Le donne del 6º piano

E’ un film diretto da Philippe Le Guay, un ritratto anticonformista del perbenismo degli anni Sessanta, uscito al cinema nel 2011. Venne presentato in anteprima, fuori concorso, al Festival di Berlino 2011.
Parigi, 1960. Jean-Louis Jobert conduce la sua piatta vita di esperto finanziario vivendo con la moglie Suzanne e ricevendo ogni tanto la visita dei due figli mandati a studiare in collegio. Nella soffitta (definirla mansarda costituirebbe un eufemismo) vive un gruppo di donne spagnole spesso maltrattate dalla portinaia. Jean-Louis non si cura di loro fino a quando la vecchia governante non si licenzia per divergenze con Suzanne. Viene assunta la nipote di una delle iberiche, Maria, appena arrivata da Burgos. Jean-Louis comincia ad interessarsi a lei e, per traslato, alla vita delle sue compatriote che decide di aiutare nelle loro difficoltà quotidiane.

 

La madre

Don Paolo è nei guai: si è innamorato di una parrocchiana e la loro fortissima intesa sessuale è una minaccia assai tangibile alla permanenza del prete nella Chiesa cattolica. Maddalena, madre di Don Paolo, se ne dispera: ha immolato all’altare la vita del figlio affinché la assolvesse dai propri peccati, e proprio non può accettare che un’altra glielo porti via.
È un melodramma in piena regola, questo esordio al lungometraggio di Angelo Maresca, attore di teatro, cinema e televisione sia in Italia che negli Stati Uniti e già regista e sceneggiatore del corto Clochard. Nell’adattare per il grande schermo il romanzo breve La madre di Grazia Deledda, Maresca fa una scelta saggia: sostituire alla forza evocativa della prosa dell’autrice sarda la potenza dell’immagine cinematografica. Dunque molte scene, a cominciare da quelle iniziali, si svolgono senza parole, e sono costruite dal regista con estrema attenzione non solo verso la composizione filmica ma anche verso lo schema cromatico e la costruzione architettonica, scegliendo l’Eur di Roma per inventarsi una chiesa metafisica dove tutto è bianco o nero, e non c’è spazio per i mezzi toni o le mezze decisioni (etiche).
La presenza di Carmen Maura nei panni della madre è una garanzia, così come quella di Luigi Maria Burruano in quelli di un defunto che compare a Maddalena (nome scelto non a caso) fra le sue tante visioni, e rappresenta l’aspetto carnale e animalesco da cui la donna è terrorizzata e che aveva sperato di cancellare attraverso la vocazione del figlio. Meno efficaci Stefano Dionisi nei panni di Don Paolo e l’algida Laura Baldi, molto simile a Kristin Scott-Thomas, in quelli della sua amante Agnese. L’estetica de La madre è molto interessante e la storia si lascia seguire, pur nella sua estrema lentezza. Ciò che manca è un tocco di ironia che alleggerirebbe i toni melodrammatici (e che non mancava alla scrittura di Grazia Deledda) e una maggiore agilità registica, troppo imbrigliata nella cornice rigida della composizione filmica. Inoltre l’effetto di alcune frasi, probabilmente citazioni del romanzo, appare talvolta declamatorio, proprio per la differenza fra la parola cinematografica e quella scritta (da cotanta firma).

 

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